‘Fleurs, giardini degli inerti’ ripensa il giardino come un’allegoria del rapporto tra uomo e ambiente, tra fine e inutilità. Generato dagli scarti che ciclicamente vengono prodotti dagli alberi – veri e propri edifici monumentali – il giardino è un’apparizione temporanea cangiante, una “stanza” sottratta al sottobosco dove le foglie catturate a mezz’aria diventano una fragile copertura, un patto dunque tra la natura ed i suoi abitanti.
Il microambiente creato da un accessorio di cattura – la rete – principia la formazione di uno spazio che prende lezione dall’aderenza delle foglie alla terra. A fortificare questo equilibrio precario vengono invitate più specie vegetali, a cucire il sottobosco abitabile. Sebbene prenda le forme da una trappola di caccia, il giardino ne muta sensibilmente le finalità. Le proporzioni e le altezze consentono l’accesso esclusivamente a bambini o chi -come loro- sperimenta e conquista forme di accesso sempre mutevoli, in modo da allontanare sguardi già compromessi e stanchi. All’ombra della copertura ricoperta da specie rampicanti si trova un giardino fossile realizzato con inerti reperiti in loco – lavici, marini o di recupero da macerie edili – sotto forma di dune o piccole montagne modellabili dai piccoli fruitori.
Questo paesaggio inerte, dove prototipare nuove interazioni tra l’ambiente e l’esercizio umano, invitano a ripensare le discipline e i moventi che disegnano l’ambiente. Più in generale, l’ombra generata da questo piccolo brano di paesaggio è un omaggio in forma di spazio al filosofo siciliano Rosario Assunto, che ha lungamente studiato e ridiscusso i rapporti tra utilità e fine del giardino, pensandolo prima di tutto come luogo, diverso dalla “natura”, allontanandolo dall’essere mera campitura verde.


Marialuisa Prestini si forma tra il Politecnico di Milano e lo IUAV di Venezia, dove si laurea nel 2017 con una tesi sulla cura del paesaggio e della rovina. Frequenta l’Accademia Adrianea di Roma e nel 2016 vince il primo premio del Master Itinerante con il progetto di intervento museale del Parco Archeologico dell’Acropoli di Atene.
Giuseppe Ricupero è dottorando presso l’Università IUAV di Venezia dove collabora alla didattica. La sua ricerca interroga le responsabilità del progetto contemporaneo intrecciando la nozione di ecologia e patrimonio, la sua abitabilità e le implicazioni culturali.